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Opere

L'uomo come fine

Il Moravia saggista raccoglie in questo libro tutta una serie di interessanti riletture: Machiavelli, Boccaccio, Pavese, Maupassant fino al celebre saggi su Manzoni e l'ipotesi di un realismo cattolico che impone una nuova angolatura nella lettura dei Promessi Sposi.

L'attenzione

Scritto nel 1965, cinque anni dopo La noia, L’attenzione continua il discorso cominciato nell’opera precedente riprendendone il tema di fondo: l’inautenticità della realtà. La struttura dell’opera è quella del romanzo nel romanzo, e la storia narra di uno scrittore
e del romanzo che sta scrivendo, di cui è egli stesso il protagonista. Il centro della vicenda è un rapporto incestuoso, o che potrebbe divenire tale, tra padre e figliastra. Il padre vive in prima persona
la tentazione di infrangere il tabù dell’incesto, mentre lo scrittore
si pone come lucido osservatore della tentazione stessa. Ma quando l’uomo si accinge a rivedere il diario che dovrebbe costituire la base del romanzo, si accorge di quanto poco esso rispecchi la realtà
che egli aveva voluto riprodurre. È quasi tentato di rinunciare
a scrivere la sua opera, quando si rende conto che il diario stesso
è già un romanzo, non solo, come dice, “per i pochi avvenimenti accaduti, ma anche e soprattutto per quelli che non erano accaduti affatto e che aveva sognato o inventato”.

La rivoluzione culturale in Cina

Nel 1967 Alberto Moravia parte per l’Estremo Oriente
 con Dacia Maraini: Cina, Giappone e Corea le mete.
 Le corrispondenze dalla Cina, pubblicate sul “Corriere della Sera”, vengono raccolte in volume l’anno successivo, il 1968 della contestazione e del movimento studentesco. Lo scrittore è già stato in Cina nel 1937, ma il gigante asiatico è molto cambiato nel frattempo: il paese bloccato dei primi decenni del secolo è ora un laboratorio sociale in pieno fermento. Moravia rimane colpito dalla società cinese, dalla ricerca ossessiva dell’uniformità in tutti gli aspetti della vita, dall’abbigliamento alla religione, nel culto appassionato per il grande Timoniere. Uno scenario che stride con la società occidentale del benessere, sulla quale Moravia concentra 
non poche critiche, mentre a oriente si pongono le basi
 per l’eccezionale sviluppo della seconda metà del secolo.
 Un reportage il cui interesse è pienamente attuale, capace
di unire la lucidità d’analisi del giornalista alla scrittura affascinante del narratore.

 

Io e lui

“Il problema che ho affrontato in Io e lui,” disse Moravia
in un’intervista, “è terribilmente serio, anche se la veste è comica. E’ la sessualità, da una parte, personificata in ‘lui’, cioè nella virilità fisiologica e dall’altra parte, la spinta contraria alla sessualità verso una meta artistica, intellettuale, sociale e civile.”
Federico, “Rico”, è appunto un intellettuale velleitario,
uno sceneggiatore che vuole diventare regista. La sua personalità risulta fortemente scissa: se l’io sta a guardare, lui agisce: l’inconscio parla, il sesso ha una voce che ordina e impone. Ne risulta 
un andamento esilarante, pieno di invenzioni francamente inattese: nella folle vicenda di questo regista mancato, nel costante dialogo tra il protagonista coatto, il suo sesso prepotente e il suo rimorso culturale (sublimazione o desublimazione?), la nevrosi, interpretata in chiave comica o tragicomica, non è lontana dall’assurdo.

A quale tribù appartieni?

“Questo libro - scriveva Moravia - è stato scritto nel modo seguente: viaggiando in Africa per svago e desiderio di estraneamento, senza fare inchieste né ricerche né nulla di tutto ciò che, quando si ha intenzione di scrivere su un viaggio, si fa ‘apposta’. In Africa ho voluto portare soltanto me stesso, così com’ero, con la cultura e l’informazione di cui già disponevo e niente di più. Se ho letto dei libri sull’Africa l’ho fatto per curiosità, non per crearmi una competenza d’altronde impossibile. Insomma si tratta di un libro di impressioni; cioè della storia di una felice e invaghita disponibilità. Così il fine che il libro, modestamente, si propone non è di informare, né di istruire né tanto meno di giudicare ma di ispirare al lettore lo stesso interesse e la stessa simpatia che mi hanno spinto a viaggiare per il continente nero.”

 

Boh

Trenta donne che parlano di se stesse, trenta racconti che testimoniano ancora una volta l’impegno “femminista” di Alberto Moravia, 
un impegno che lo ha portato a costruire una serie di ritratti
 di donne indimenticabili, dove condizione sociale e condizione femminile appaiono più che mai connesse in un unico grande problema morale. Boh – che è anche titolo di uno dei racconti – diventa qui l’espressione di una perplessità che la donna non cesserà mai di ispirare al proprio compagno, scioglimento ironico di una drammaturgia consumata in secoli di soggezione e di incomprensione. Questa raccolta propone un Moravia tagliente e incisivo, superbo nel fissare immagini brevi e concise che rimandano alla perfezione letteraria dei famosi Racconti romani.

La vita interiore

Scrive Moravia: “Questo romanzo è un’intervista che il personaggio indicato 
con il nome di Desideria ha concesso all’autore indicato 
con il pronome io durante i sette anni che è durata la stesura
 del libro. Come tutti i personaggi, Desideria non è raccontata
 dal romanziere bensì gli racconta se stessa.” Desideria, giovane, bella e spietata, figlia adottiva di Viola, ricchissima e corrotta, confessa al narratore, che la incalza e la induce a una chiarezza estrema, una vita di ribellione alla propria famiglia, alla propria classe, alla stessa società che l’ha generata. Spinta dalla Voce interiore, dallo spirito di rivolta, non esita di fronte alla prostituzione, all’orgia, alla trama di un sequestro, a una rapina, all’incesto.

 

Impegno controvoglia

Il Moravia ‘politico’ riflette sui temi pubblici dell’attualità contemporanea la stessa situazione che il Moravia ‘scrittore’ indaga sul piano privato e interiore dei personaggi. I saggi politici tendono ad esplicitare e a ridurre il contrasto che nell’opera narrativa è implicito e fecondo, formulando da un lato la denuncia di un orizzonte ristretto e sostanzialmente borghese, e manifestando dall’altro lato la tensione utopica verso alternative possibili. È questa dialettica profonda a caratterizzare l’engagement di Moravia, che dunque si muove tra la polarità negativa del ‘già visto’, entro cui si iscrivono esperienze oppressive pur tanto diverse tra loro quali il vittorianesimo, il fascismo, lo stalinismo, e la polarità positiva del nuovo e del ‘mai visto’, che ha qui
 una sorta di suggestivo e precoce manifesto nel saggio del 1944 su La speranza, ovvero cristianesimo e comunismo e che Moravia addita poi, con un entusiasmo talora disarmante, in esperienze storiche come la rivoluzione culturale cinese, oppure 
la contestazione studentesca del Sessantotto o, in una diversa accezione, l’emergenza del Terzo Mondo. Tra il saggio del 1944 e l’anelito utopico del decennio 1968-1978 si crea così in Impegno controvoglia un cortocircuito significativo, che, mentre si presta 
a facili smentite e talora ad atroci ironie, documenta un aspetto importante e caratteristico del pensiero di Moravia.

Lettere dal Sahara

L'Africa Nera di Alberto Moravia: "inviato speciale" del Corriere della Sera tra il 1975 e il 1981, l'eccezionale cronista annota impressioni, riferisce usi e costumi, descrive luoghi e paesaggi incontrati in un viaggio che è insieme motivo di riscoperta letteraria, valutazione estetica e riflessione socio-antropologica. Così la risalita in battello del fiume Zaire diventa riscontro delle pagine più intense del romanzo africano di Joseph Conrad Cuore di tenebra; la cruda luce tropicale della Costa d'Avorio riflette il sogno contemplativo di Gauguin; l'immagine di morte del deserto si trasforma, passando attraverso disperazione e miraggio, in sorprendente immagine di vita.

1934

Lucio, un giovane intellettuale antifascista per indole e per scelta, arriva a Capri in una giornata già estiva del giugno 1934 dibattendo in se stesso la dimensione esistenziale della disperazione e della necessità, per vivere, di “stabilizzarla”. L’incontro casuale con una donna tedesca, Beate, lo aiuterà a superare l’immobilismo della sua condizione, a chiarire i suoi desideri e a operare una consapevole scelta di campo. In esemplare equilibrio tra cornice storica e vicende individuali, 1934 è certamente un’opera che cattura l’interesse del lettore e rimane impressa nella coscienza.

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